scritta "offerta speciale (special offer)" dentro ad un riquadro, colore rosso su sfondo biancoAvete presente uno dei mantra del marketing: “Soddisfare al meglio i bisogni dei clienti” ?… Ho fatto una ricerca su Google inserendo queste parole chiave  e sono saltati fuori più di 2 milioni 300 mila risultati in italiano. Come se l’intero sapere aziendale si fosse adoperato per produrre del materiale al riguardo, a beneficio di consumatori e imprese.

Ma le imprese mettono davvero in pratica questa strategia per fare la differenza? Poco, a giudicare da uno degli strumenti di marketing più utilizzati: le promozioni.

Le strategie promozionali sono importanti. Lo sono a tal punto che le aziende che ne siano consapevoli individuano una figura, un insieme di competenze o perfino soggetti esterni a cui affidarne l’ideazione e la gestione.

Perché un’impresa decide di ricorrere a questo strumento? Per una lunga serie di ragioni di cui al consumatore non importa nulla.

Come funziona una promozione? Dal lato impresa vi è una sequenza di processi per definirla e attuarla. Una volta scelto il motivo della promozione, si individua il target, si stabiliscono gli obiettivi, si scelgono i canali, si definisce il budget, si crea la comunicazione, si passa all’esecuzione ed alla distribuzione del messaggio promozionale (e della promozione stessa), se ne monitorizza l’andamento e, infine, si tirano le somme.

Dal lato consumatore invece le cose sono infinitamente più semplici: il cliente, una volta raggiunto dalla comunicazione promozionale, potrebbe percepire un vantaggio ed approfittarsene…Come valutare il vantaggio dal punto di vista del cliente? Poiché siamo tutti clienti, sappiamo intuitivamente che maggiore è il valore dell’offerta, maggiore sarà la nostra propensione all’acquisto, fermi restando altri parametri come le risorse a disposizione, la disponibilità prodotto personale, la disponibilità del prodotto sul mercato, la funzione del prodotto, i costi sostenuti, il valore della marca nella nostra mente e via dicendo.

Ma che succede quando il vantaggio percepito dai clienti sia diverso da quello definito dall’azienda?

1. Offerta Q8

Vestiamo i panni del consumatore e ascoltiamo questo spot (che ha girato in radio quasi tutto il mese di luglio):

 

Qui sotto la trascrizione:

“Se il tuo serbatoio sembra un deserto, se anche le tue performance sembrano sciogliersi sotto il sole e la tua gola è arida, arida come polvere, allora c’è solo un posto dove cambiare musica: fermati da Q8! Con un rifornimento di almeno 25 litri di Q8 HI Perform, se hai la carta Star Q8, ti offriamo una lattina di Coca-Cola!

Q8 e Coca-Cola, fai rifornimento di performance!
Operazione valida dal 3 al 31 luglio 2017. Regolamento completo su StarQ8.it “.

(pagina web del messaggio: http://www.starq8.it/Q8/promozioni/coca-cola.html)

screenshot offerta Q8 luglio 2017Sappiamo che la disponibilità della benzina speciale sul mercato è piuttosto ampia (in effetti, lo è per la maggioranza dei prodotti), quindi i costi affrontati dal cliente per ottenerla sono del tutto trascurabili.
Guardiamo i prezzi (al momento in cui scrivo, fonte https://www.prezzibenzina.it/).

  • Il prezzo medio della benzina HI Perform (speciale 100 ottani) da Q8 è di circa 1,85 euro.
  • Il prezzo medio della concorrenza per benzina della stessa qualità è, mediamente, 20 centesimi in meno.

Ora, abaco alla mano facciamo due conti:
Per 25 litri di rifornimento di benzina speciale, il cliente (peraltro “SuperStar”, necessariamente in possesso di una fidelity card e solo nei punti aderenti all’iniziativa) riceve in omaggio una lattina di Coca Cola da 33 ml dal prezzo al pubblico di – quanto?… 50 centesimi? Facciamo €0,60 centesimi di euro, per stare larghi.

Offerta Q8 → 25 lt x €1,85 = €46,25 – omaggio una lattina Coca Cola (€0,60) → prezzo effettivo della benzina  €45,65 (sarebbe poco più di 1 centesimo di sconto ogni litro)
Prezzo concorrenza → 25 lt x €1,65 = €41,25

Fermarsi alla pompa di un altro gestore fa risparmiare €4,40 rispetto a Q8; arrotondiamo pure per difetto a 4 euro. Per restare in tema, la differenza consente di acquistare 6 o 7 lattine di Coca Cola da 33 cl oppure un paio di bottiglie da 1,5 litri (totale 3 litri) in un qualsiasi negozio di prossimità.

E’ ovvio che ogni impresa è libera di fare le promozioni che ritienga più opportune per il proprio mercato, ma due conti ed un’occhio alla concorrenza sono elementi imprescindibili, prima di decidere l’entità dell’offerta.

2. Buono sconto Conad

Cambiamo settore e andiamo a vedere un supermercato, ad esempio Conad.

Ai clienti possessori di una Conad Card, per ogni spesa (di un certo importo minimo), viene elaborato alla cassa un buono che da diritto ad uno sconto su un prodotto a scelta della spesa successiva, da effettuarsi tassativamente in determinate date.

coupon sconto conad

Fin qui molto bene. Le promozioni devono avere una scadenza temporale, altrimenti sarebbero dei riposizionamenti di prezzo.
La cosa scomoda invece, per me cliente, è questa: devo modificare il mio comportamento di acquisto se voglio approfittare della promozione.

Grazie alla sua (e mia) Card, Conad ha in mano parecchi miei dati tipo età, sesso, lavoro, istruzione, dove abito, in quali orari faccio la spesa, in quali giorni, quante volte al mese, quali prodotti acquisto e quanto tempo passo ogni volta nel punto vendita. Sa quindi (o dovrebbe sapere) che non faccio quasi mai spesa nei fine settimana, eppure ogni volta mi elabora dei coupon con quel particolare vincolo temporale (in realtà credo che le offerte siano sempre nei fine settimana, quindi non personalizzate; come dire: avere tutti i dati dei clienti e non usarli a beneficio di tutti).

Si potrebbe obiettare “è normale, devono incentivarti per farti passare anche nei giorni in cui non ci vai mai, in modo da generare traffico in negozio ed aumentare le vendite”. D’accordo, ma questa è una strategia orientata alla vendita, in vogue negli anni ‘60 del secolo passato. Posso capire che Conad (e simili) debbano smaltire i prodotti deperibili nel fine settimana, ma – in fin dei conti – sono soltanto un cliente, dei problemi gestionali delle imprese non m’importa nulla.

Parliamo quindi dei miei bisogni o, più in generale, dei famosi bisogni del consumatore. Se non torno mai nei fine settimana ci sarà una ragione, di cui Conad deve sforzarsi a prendere atto. Potrebbero pensare di premiarmi, intanto, per i giorni nei quali torno abitualmente. Oppure propormi un’offerta tale da giustificare lo sforzo che devo affrontare per cambiare il mio comportamento di acquisto.

Disporre di cosi tanti dati e non usarli (o usarli male) è uno spreco insostenibile per chiunque operi oggi sul mercato.

3. Promozioni Wind

Non va meglio sul lato web marketing, ovvero delle promozioni online. Quasi tutti noi abbiamo uno smartphone e qualche specie di contratto con un gestore telefonico. Dopo tutto, a detta di molti, questo è l’anno del mobile.

offerta wind sul sito webPrendiamo, ad esempio, la Wind. Alcune promozioni campeggiano sul loro sito web, nella sezione “Passa a Wind”. Chiunque decida di passare a Wind, scegliendo uno dei piani tariffari proposti, lo può fare gratuitamente. E questo è fantastico.

Se invece sei già cliente, puoi effettuare il passaggio pagando 15 euro, più il prezzo del piano tariffario del contratto scelto. Purtroppo, il credito mensile residuo del vecchio contratto sarà perso.
Quale prezzo complessivo della nuova offerta per il cliente fedele rispetto al nuovo cliente?
€15,00 di passaggio nuovo piano + €12,00 mediamente, a seconda del nuovo piano + il credito mensile residuo del vecchio piano
Prezzo del passaggio: dai 25 euro in su (quasì nessuno passa quando ha il credito vicino allo zero perché le offerte hanno limiti temporali).

Queste promozioni richiamano la vecchia cara nozione di Cash Cow ( vacche da mungere, riferita ai prodotti). Per traslazione, le vacche da mungere rappresentano la posizione dei clienti nella mente dell’impresa.

4. Sconti Epici

Mi è capitato di vedere nella vetrina di vicino un negozio di abbigliamento questi cartelli:

sconti in vetrina negozio abbigliamento

A me piacciono gli sconti diretti. E’ un tipo di promozione chiaro e comprensibile per tutti, non ci si deve scervellare, il messaggio è immediato e facilmente quantificabile. In questo caso, anche il motivo addotto è simpatico e strappa un sorriso. Chi non vorrebbe essere in spiaggia con il caldo torrido piuttosto che sognarsela in bottega?

Unica cosa alla quale presterei attenzione è la parola “TUTTO”. Sconti così elevati (60%, 70%) sono sempre molto graditi dai consumatori ma rischiano di creare parecchio malumore in chi, nel periodo precedente all’offerta, ha acquistato qualcosa in negozio.  Inoltre, i clienti cominceranno ad aspettare i periodi di maggiore sconto per effettuare gli acquisti, generando così un preoccupante andamento delle vendite “sconto dipendente”.

Anche quando si pensi ai clienti è necessario prestare attenzione alle modalità, perché soddisfare alcuni a scapito di altri è un modus operandi che, alla lunga, potrebbe rivelarsi controproducente.

Esistono poi altre tipologie di promozioni:

  • quelle che chiamo “cervellotiche” (occorre uno sforzo mentale per capirle; tendono a mascherare un’offerta scadente)
  • le cosiddette “offerte che non puoi rifiutare” (quando viene, de facto, imposto l’acquisto)

entrambe però appartenenti al mondo B2B, di poco interesse per i consumatori. Ne parlerò, eventualmente, in un post futuro.

Concludo ribadendo che la gestione delle strategie d’offerta è un’attività che non va sottovalutata. Che si tratti di promozioni sui canali di marketing tradizionali o digitali, e quali che siano le ragioni che spingono un’azienda a farne uso, è necessario andare incontro ai bisogni dei clienti e non il contrario.

Per fortuna, di questi tempi, è sempre più difficile ingannare i consumatori. Uno degli effetti della rivoluzione del mobile è quello di averli abituati a verificare ogni cosa di loro interesse economico (prezzi, offerte, servizi e disponibilità della concorrenza, opinioni di altri acquirenti), e non solo, in tempo reale. Questo costringe le aziende a rivedere molte delle loro strategie.

La frase ricorrente “Va bene pensare al cliente, ma…”  (sentita spesso in moltissime riunioni tra titolari, direzione e responsabili di marketing) non può più trovare posto nel vocabolario delle aziende. Sarebbe consigliabile se queste figure decisionali cominciassero a superare gli approcci attuali per dedicarsi realmente a soddisfare i bisogni dei clienti.

L’alternativa è restare dietro alle imprese meglio incentrate sul consumatore.